PAESTUM WINE FEST

Uno, nessuno e centomila Andrea Gori: tutte le angolazioni da leggere dal mondo della comunicazione digitale a quello di settore

di Valentina Taccone

Da ogni angolatura si guardi, Andrea Gori cresciuto in una famiglia di ristoratori fiorentini della nota Trattoria da Burde, è un professionista poliedrico di alta caratura, una risorsa inesauribile di competenze, esperienza e illimitata per una diffusione consapevole di informazioni e nozioni. Sommelier, oste, giornalista, scrittore e consulente per l’innovazione digitale, cos’altro dire? 

Qual è il profilo del sommelier che può fare la differenza in un’azienda?

“Il sommelier che fa la differenza oggi è quello che sa essere prima di tutto un comunicatore umile, non invadente, appassionato ma senza fanatismi. Non serve essere enciclopedie ambulanti di conoscenze tecniche – anche se la preparazione è fondamentale – ma bisogna saper leggere il cliente, capire cosa cerca e guidarlo in un’esperienza. Da noi a Burde, cerchiamo sempre di partire dall’ascolto: cosa vuole bere il cliente? Quale esperienza sta cercando? Spesso portiamo cartine geografiche e mappe a tavola per scegliere il vino dalla mappa invece che da una lista ma non lo facciamo certo con tutti, sarebbe controproducente.  Il sommelier vincente è quello che sa costruire ponti tra il produttore e il consumatore finale, raccontando storie vere, non inventate. Ovviamente il tutto in maniera concisa e brillante, non c’è spazio nè tempo per i comizi…”

Come è evoluta la figura del sommelier e che consigli dai a chi vuole iniziare?

La figura si è evoluta enormemente. Quando ho iniziato io, il sommelier era spesso visto come un personaggio un po’ distaccato che parlava un linguaggio incomprensibile ai più e da un piedistallo e soprattutto relegato in ristoranti “borghesi” o stellati. Oggi deve essere molto più poliedrico: deve sapere di vino certamente, ma anche di comunicazione, di social media, di tendenze di mercato, pettegolezzi di settore. Il mio consiglio per chi inizia? Assaggiate tanto, ma soprattutto ascoltate tanto. Parlate con i produttori, con i clienti, con i colleghi. E non dimenticate mai che il vino è convivialità, non un esame universitario, nè per voi nè per i vostri clienti”

Come si guardano le due parti del mondo del vino e come possono crescere insieme?

“Venendo da una storica trattoria fiorentina come Burde, ho sempre visto il mondo del vino da una prospettiva molto pratica: quello che funziona con il cliente, quello che si sposa bene con il cibo, quello che racconta una storia vera. Come giornalista, invece, ho la possibilità di approfondire, di raccontare storie più ampie. Le due prospettive si completano perfettamente: il contatto diretto con il cliente mi aiuta a scrivere articoli più concreti e rilevanti, mentre l’attività giornalistica mi permette di portare in sala storie e contenuti più ricchi.

Come si pone il sommelier rispetto al digital marketing?

Il digitale ha rivoluzionato completamente il modo in cui comunichiamo il vino. Sui social, vedo che il pubblico cerca autenticità e immediatezza. Non vogliono la lezione ex cathedra sul vino, ma storie vere, momenti di vita reale, consigli pratici. Gli utenti più attivi? Sicuramente i millennials e la Generazione Z, che usano i social per scoprire nuovi vini e hanno meno pregiudizi rispetto alle generazioni precedenti. Ma attenzione: sui social è facile cadere nella trappola del sensazionalismo. La sostanza deve sempre prevalere sulla forma”

Quanto è importante una carta vini realizzata da un esperto?

Una carta vini ben costruita è il biglietto da visita di un locale ma non è l’unico segno di qualità enoica di un locale. Da Burde, abbiamo sempre cercato di creare una carta che rispecchi la nostra filosofia: vini del territorio, piccoli produttori di qualità compresi i naturali e biodinamici, aziende blasonate e affermate ma anche qualche chicca internazionale. I principi base? Equilibrio tra classico e innovativo, diverse fasce di prezzo per accontentare tutti (al bicchiere proposte dai 4 ai 30 euro, in carta dai 24 fino ai “cult” ma mille euro), e soprattutto una selezione che si sposi con la cucina del locale. Una carta dei vini non deve essere un elenco telefonico, ma raccontare una storia coerente ad esempio parlando di zone, viaggi ma senza scordare raggruppamenti per vitigni (esempio; tutti i syrah toscani, oppure tutti i merlot o i pinot nero così come tutti i vari vitigni autoctoni). La carta dei vini è anche e soprattutto quella al bicchiere, la nostra carta di vino al calice prevede sempre due scelte per ogni piatto, due per l’aperitivo, due per  l’antipasto, due per le minestre, due per la carne alla griglia, due per le carni in umido e infine due per i dolci. Richiede molta manutenzione e deve girare spesso per non annoiare e difficilmente la si può alimentare senza un esperto alla guida”

Come bilanciare le nuove tendenze con il rispetto della tradizione?

Questa è una domanda cruciale. Come sommelier, dobbiamo essere aperti alle novità – sì, anche ai vini dealcolati se il mercato li richiede – ma senza perdere di vista i valori fondamentali del territorio e della tradizione. Da Burde, ad esempio, seguiamo le tendenze ma sempre con un occhio critico. Il vino è cultura, storia, territorio, la nostra base di partenza è sempre la Toscana con pochissime divagazioni. Non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo rincorrendo ogni moda passeggera. Il segreto sta nel trovare un equilibrio: essere contemporanei senza perdere l’autenticità. Il sommelier deve essere un ponte tra la bevuta classica e la novità del bere nel mondo del vino, non solo un megafono delle mode del momento. In questo i social hanno alzato l’asticella della difficoltà perchè le persone si aggiornano sui social , vedono le etichette che entrano in rotazione e si aspettano di trovarle al tuo locale e se non le hai rischi di passare come “antiquato”: il risultato è un aumento di stress e di frenesia sugli acquisti che rischia di far perdere di vista la propria idea di carta e selezione. La tradizione non è mai fissità e si può essere coerenti con la tradizione di un territorio pur cambiando le etichette e le cantine con cui lavoriamo. Da Burde abbiamo un 50% di etichette e cantine storiche che in pratica abbiamo in carta da venti anni o più mentre il resto delle referenze durano in carta lo spazio di una stagione o più a seconda della loro capacità di diventare “tradizione” a loro volta”