PAESTUM WINE FEST

Passione, tenacia e una continua ricerca dell’eccellenza: intervista a Simona Beltrami, sommelier de Il Magorabin*

DI LUCIA I. MIGLIACCIO

Nel mondo dell’alta ristorazione, il ruolo del sommelier va ben oltre la semplice selezione dei vini. È un’arte che unisce sensibilità, conoscenza e capacità di comunicare emozioni attraverso un calice. Simona Beltrami, sommelier del ristorante Il Magorabin incarna perfettamente questa filosofia. Nell’intervista, ci racconta il suo percorso ispirato dalla grande Madame Clicquot, le sfide quotidiane del suo lavoro e l’approccio innovativo alla degustazione. Tra tradizione e nuove tendenze, il suo obiettivo è sorprendere e conquistare ogni ospite con abbinamenti unici e un’ospitalità autentica.

Qual è stata la tua ispirazione iniziale per diventare sommelier e come hai iniziato il tuo percorso professionale in questo campo?

“”La mia ispirazione è stata Madame Clicquot, una donna straordinaria per passione, tenacia e determinazione. Dopo la scomparsa del marito, prese in mano la loro piccola impresa vinicola e la trasformò in un’azienda capace di esportare fino in Russia. All’epoca studiavo Amministrazione aziendale all’università, ma la sera lavoravo come extra nei migliori ristoranti, affiancando grandi professionisti come il signor Nicosia, maître di sala di Balbo, due stelle Michelin a Torino”.

Quali sono le qualità più importanti che un sommelier dovrebbe avere per eccellere nel settore della ristorazione di alta classe?

“”Un sommelier dovrebbe avere una spiccata sensibilità nel comunicare in modo efficace e coinvolgente con i clienti, oltre a sviluppare la capacità di sorprendere con abbinamenti innovativi tra bevande e cibo”.

Come ti aggiorni sulle nuove annate, le varietà di vino e le tecniche di vinificazione?

“A me piace molto confrontarmi con i colleghi sia italiani che non (soprattutto quando sono seduta a tavola da loro) e poi grazie anche ad eventi, degustazioni con produttori e distributori e molto studio”.

Se tu fossi un vino, quale saresti e perché?

“Molto difficile: primo pensiero un Barolo caldo, avvolgente, austero e quasi materno ma poi essere un Trebbiano d’Abruzzo intenso e persistente, tenace e sempre sorprendente con le sue note sapide e amare”.

Quali tendenze recenti hai notato nel mondo del vino e come influenzano il tuo lavoro quotidiano?

“Le tendenze degli ultimi anni sono la ricerca sempre di più di vini o bevande con tasso alcolico basso. Nel mio lavoro gioco molto sulle degustazioni “low alcol” che comprendono vini, birre, bevande nervine e infusi (questi ultimi due sono miscele interamente selezionate da me grazie alla collaborazione con diverse importatori di tè/tisane e infusi)”.

Quali sono le sfide più comuni che affronti nel tuo lavoro e come le superi?

“Nel nostro lavoro le sfide sono all’ordine del giorno. La più costante è mantenere il team motivato, creando sempre nuovi stimoli e favorendo il confronto continuo. Un’altra grande sfida, soprattutto in un periodo di calo della clientela dovuto all’inflazione globale, è fidelizzare gli ospiti attraverso un servizio unico e una gentilezza autentica, mai forzata”.

In che misura partecipare a eventi e festival del vino come PWF influisce sulla tua crescita professionale come sommelier e quali opportunità hai trovato in queste esperienze?

“La condivisione di esperienze aumenta sempre la propria cultura e la propria capacità lavorativa. Work connection!”.